A un anno esatto dall'esordio come chef patron con il locale che porta il suo nome, Yoji Tokuyoshi è ormai sempre più una personalità autonoma nella gastronomia italiana, ormai libero dall'etichetta di ex sous chef che l'ha accompagnato per tanto tempo. Del resto l'esperienza quasi decennale alla corte di Massimo Bottura, è di quelle che hanno un peso. Ma il 2015 è stato l'anno della discesa in campo. Trovato posto nel locale che era di Wicky Priyan, ha ritagliato con cura certosina e costanza nipponica il suo ruolo nel panorama della ristorazione meneghina. La Milano dell'Expo lo ha visto affermasi dopo un esordio incerto. Con quella proposta di difficile definizione: italiana dall'anima giapponese è una cucina contaminata ben lontana da certe derive fusion, tutte ingredienti esotici e reinterpretazioni di classici nostrani. La sua è una cucina che racconta l'incontro di culture e sensibilità. Una cucina italiana, fatta con ingredienti italiani, da un cuoco giapponese, colto e preparato. Il risultato è una proposta molto personale che ha convinto al punto da far perdere le tracce del passato recente dello chef mescolandolo tra le molte altre esperienze con cui è arrivato fino a oggi.
Puoi farci una sintesi di questo primo anno del tuo ristorante?
Che dire? È andata bene, molto bene. Sono contento. Siamo ancora in pieno work in progress e spero che ci rimarremo a lungo: abbiamo molto da fare. Andiamo avanti così. È stato un anno velocissimo, sembra siano passati due giorni dall'apertura.
L'inizio è stato complicato, come mai tanti intoppi nelle prime settimane? Come li hai superati?
Abbiamo fatto tante piccole correzioni nel corso del tempo. Avevamo molto chiaro il nostro obiettivo e abbiamo lavorato per arrivarci. Abbiamo fatto degli investimenti: le tovaglie, i poggiaposate, tanti piccoli dettagli messi a punto giorno dopo giorno. Ogni volta che qualcuno ci diceva di qualcosa che non andava cercavamo di sistemarlo. Sono state tante piccole cose. L'importante è non fermarsi.
In cucina invece, quali sono stati i cambiamenti maggiori in questo anno?
Anche in cucina la stessa cosa: abbiamo fatto tante variazioni nel menu e messo tantissimi piatti nuovi. Ma non c'è stato un vero cambiamento. Direi piuttosto che abbiamo messo a punto la nostra idea, forse ora lavoriamo di più con i brodi, ma non è tanto quello. Di solito quando si apre un ristorante si inizia in modo più cauto per fare abituare le persone al proprio stile. Io non ho voluto fare così, sono partito con la mia cucina e a qualcuno non è piaciuta. Ma c'è anche chi mi chiede i piatti che avevamo all'inizio. Insomma c'è sempre qualcuno che non è contento, è inevitabile. È impossibile accontentare tutti.
L'arrivo della Stella Michelin cosa ha cambiato?
La clientela: chi arriva ora sa già quale è la nostra cucina, mentre fino a poco tempo fa molti entravano e, vedendo il nome giapponese, si aspettavano di mangiare sushi o tempura. Che fossi un giapponese che fa cucina italiana lasciava perplessi. Adesso, anche grazie all'arrivo della Stella, hanno capito che la nostra cucina ha un valore così com'è: un mix di cucina italiana e giapponese. È un incontro di culture. Non è una cucina fusion, non usa ingredienti esotici. Non ha piatti tipici rivisitati, anche perché secondo me la cucina tradizionale e regionale non deve essere toccata. Ma la mia è una nuova cucina italiana fatta con la sensibilità e la storia di una persona giapponese. E i miei piatti raccontano questo.
Come è cambiato il panorama cittadino in quest'anno che è appena trascorso?
E chi lo sa? La maggior parte del tempo sono nel mio ristorante. Mi pare che siano stati aperti soprattutto locali di cucina tradizionale, molto diversi dal nostro. Ma magari mi sbaglio.
Dove mangi a Milano?
A casa mia! Non vado molto in giro. Ho provato Trippa, e forse qualcos'altro. Ma pochissime cose per ora.
Come è cambiata la vita da sous chef a ristoratore?
Non riesco più a stare in cucina. Ci sono mille cose da seguire: il commercialista, le banche, ci sono le fatture e le luci che non funzionano bene o altre cose da sistemare. Non abbiamo un'imprenditore alle spalle del ristorante, sono io che devo pensare a tutto e pagare tutto. All'inizio non riuscivo neanche a essere concentrato bene sulla cucina.
Ci sono state anche delle critiche per i prezzi, giudicati troppi alti. Cosa rispondi?
Ci sarà sempre chi si lamenta di qualcosa. I prezzi si fanno tenendo conto del food cost, dell'affitto, delle spese di gestione di un'attività con 14 dipendenti. Si deve pagare il giusto, se no il ristorante chiude. Il degustazione più grande è di 8 portate a 100 euro. È davvero così caro?
Essere l'ex sous chef di Bottura è stato un vantaggio o uno svantaggio?
All'inizio forse un vantaggio, mi ha dato molta visibilità. Ma avevo addosso anche molta pressione. Qualcuno si aspettava di trovare l'Osteria Francescana. Ma non lo è: è il mio ristorante, una strada tutta mia, dagli investimenti alle scelte in cucina. Qualcuno è anche rimasto deluso, forse, perché si aspettava la cucina di Massimo o il livello di un Tre Stelle. Ma chi ha quegli investimenti?
A proposito di Bottura: vi siete sentiti?
Quando ho saputo della Michelin ci siamo sentiti, certo. Mi ha detto bravo.
Ristorante Tokuyoshi | Milano | Via San Calocero. 3 | tel. 0284254626 | http://www.ristorantetokuyoshi.com/
Culinaria X | Roma | Capitol Club | via Giuseppe Sacconi, 39 | il 20 febbraio, dalle 13 alle 2; il 21 dalle 12 all'1 | www.culinaria.it
a cura di Antonella De Santis
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