Gli chef
Ci vuole una bella determinazione per arrivare da un’isoletta a sud di Bergen, nella Norvegia dei fiordi, e da un hotel con ristorante di famiglia (una bella inn della fine del ‘700, per la cronaca, gestita con i genitori e il fratello gemello) e arrivare a vincere il Bocuse d’or 2015… e il tutto a 30 anni tondi. Già perché Ørjan Johannessen è nato nel 1985. Aveva già tentato l’impresa a 27, nel 2012 (e si era conquistato il premio Bocuse D'OrEuropa) e ora ha fatto il botto. Forte del riconoscimento ultraprestigioso è arrivato ad Agliano, fra le colline della Barbera, a cucinare il merluzzo norvegese in abbinamenti intriganti con il vino di queste parti. Protagonista con lui di uno showcooking memorabile, che ha concluso in bellezza il Barbera Fish Festival 2015, Enrico Crippa, chef Tre Forchette e Tre Stelledel Piazza Duomo di Alba.
Ed è stato un bel confronto fra due interpretazioni di quel pesce (sotto sale o stoccafisso) che fa un po’ da trait-d’union fra le cucine “povere” d’Europa, dal Grande Nord alla Spagna al Portogallo, il sud della Francia, l’Italia e che in Piemonte è amato da sempre, uno zoccolo duro della tradizione di una regione senza mare che ha un debole per merluzzo (e acciughe).
I piatti
Ha cominciato Johannessen, per la prima volta in Piemonte, con un merluzzo norvegese croccante con piselli verdi e capperi, qualche fogliolina di cerfoglio e un’aerea spuma sifonata di uova, senape e limone, una versione gastronomica di un frittino di merluzzo in pastella, se ci è consentito il paragone.
Crippa, sempre più zen nell’approccio, così pacato e così lontano dalle frenesie da chef-star, ha replicato con un piatto di tradizione reinterpretata, com’è nel suo stile: uno stoccafisso di Norvegia con i ceci, versione rivisitata della zuppa di ceci e costine “che qui si mangia quando comincia a far freddo, dopo la vendemmia, aggiungendo anche un po’ di vino direttamente nella zuppa”. E lui, che ormai ha un’autentica passione per l’orto e le erbe spontanee, ha aggiunto al consommé di pelle e polpa di baccalà abbrustolito (“quasi dei ciccioli di baccalà”, ha commentato) un po’ di erbe che è andato e raccogliere per le vigne attorno alla Scuola Alberghiera di Agliano, sededell’evento (a cui hanno collaborato studenti e docenti di cucina).
Ancora Johannessen, con i bignè al nero di seppia farciti con una crema di baccalà e patate, e briciole di pancetta dorata e sbriciolata (e un’aggiunta inattesa, lamelle sottili di porcini, un tocco local molto apprezzato)
Crippa ha concluso con un merluzzo con foglie di pomodoro, ricetta che come tutte quelle dello chef del Piazza Duomo “ha una storia. Anzi in questo caso tre storie, a scelta: riprende un po’ l’abitudine datata di cucinare al cartoccio, (riproposta come cottura a vapore in sacchetti sotto vuoto), racconta il piacere di scaldare un pesce del nord con il calore del sud, con il bagnet ross, tipico piemontese (tutto è relativo, per la Norvegia anche il nordico Piemonte è un sud del mondo, questione di prospettive) e allude alla moda italiana, con un 'vestito' di foglia di pomodoro ad avvolgere il tutto”. Ed è stato veramente come vedere uno stilista – ma del food - al lavoro, con la gestualità rigorosa nella realizzazione delle sottilissime foglie di pomodoro, dal colore così brillante.. Un gran finale.
La Barbera
Rosso col pesce? Come sostengono gli esperti, un vino rosso giovane e profumato può essere perfetto con il pesce. Ma gli abbinamenti vanno scelti con cura: ci vogliono vini freschi e piacevoli come la Barbera d’Asti, il vino della zona di Agliano. Un rosso giovane, dalle sfumature porpora e dai profumi di fiori delicati come le viole e le rose e di frutti rossi freschi come le fragole.
Johannessen e Crippa hanno scelto personalmente i vini da accompagnare ai piatti, Barbera di 4 produttori dei 241 (!) della zona di Agliano. E anche questa è stata una bella sorpresa, perché a raccontare i vini sonoarrivati piccoli produttori giovani (età media, una trentina d’anni, anche meno, e vigneti estesi per non più di una decina di ettari), che innovano il lavoro di padri e nonni, ma senza dimenticare la tradizione, parlano un fluent english e guardano al mercato internazionale: bravi.
Così c’era Matteo Filippa dell’Azienda Agricola Filippa (www.aziendafilippa.it), con la sua Barbera d’Asti DOCG, un vino fruttato, dai sentori di frutta e di bacca rossa, giovane ma equilibrato e armonico che ha accompagnato il primo piatto di Ørjan Johannessen
Claudio Dacasto, quinta generazione dell’azienda di famiglia (www.dacastodulio.com) ha proposto la Barbera DOCG che nasce dal vigneto di Frazione Vianoce, tra le 2000 e le 4000 bottiglie l’anno, affinate per sei mesi prima di dar vita a un vino fruttato, intenso, con note di bacche rosse: una barbera classica, scelta da Crippa per il suo merluzzo e ceci
Mauro Pavia di Agostino Pavia & Figli (www.agostinopavia.it) ha presentato la Barbera Blina, dal bel colore rosso rubino, strutturata, di morbida setosità e con un giusto equilibrio fra acidità e tannini, con sentori di spezie e frutta rosa. L’azienda ne produce 25.000 bottiglie l’anno. È la barbera che ha accompagnato il secondo piatto ideato da Johannessen
Infine Lorenzo Serra, sesta generazione di produttori dell’azienda di famiglia Domenico Serra, con la Barbera La Padrona, un vino rosso rubino dai riflessi brillanti e dal profumo intenso, con note fresche di lampone, ciliegia e frutti neri, e sapore polposo e armonico, abbinato da Crippa al suo merluzzo con foglie di pomodoro.
Insomma, una bella storia di prodotti, produttori e grandi chef, che ha fatto capire, se mai ce ne fosse bisogno, che l’amore per il territorio dà sempre bei risultati dal nord al sud del mondo. Johannessen ha raccontato di aver scoperto una realtà piemontese che non conosceva e prodotti e ricette che ha subito fatto sue (e il suo audace abbinamento del merluzzo con l’aioli è stato molto apprezzato al festival). Crippa ha sottolineato il piacere di scoprire i produttori del merluzzo che lui usa in cucina “e sulle loro facce, di chi lo pesca, di chi lo lavora, si legge l’impegno per valorizzarlo al meglio” e la consapevolezza che, come per il maiale da noi, anche del merluzzo non “si butta via niente…guance, trippa”: bello spunto per la creatività di uno chef.
a cura di Rosalba Graglia
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