Qualche romano ha ancora negli occhi la scena inverosimile che un giorno di inizio settembre scorso ha segnato uno dei blitz più concitati (in via di Tor Millina, proprio dietro Piazza Navona) della Polizia municipale della Capitale, volto a far rispettare l’ordinanza del sindaco Ignazio Marino per ripulire le strade del centro da tavoli e sedie abusive. Allora, il video girato dai passanti fece il giro della rete, trovando risonanza principalmente su facebook, dove raccolse indignazione e malcontento nei confronti del provvedimento imposto dal primo cittadino.
Perché chi conosce Roma sa quanto la cattiva abitudine (ma sarebbe meglio parlare di strapotere?) di ristoratori e commercianti sia dura a morire, in virtù della presunta “romanità” di certe dinamiche – quale mezzo migliore per attirare i turisti stranieri che affollano la città, del tavolino selvaggio che inquina ogni scorcio, ma in fondo è così pittoresco? – e più che tollerata, quando non difesa, dallo scarso senza civico di tanti romani.
Eppure da qualche mese Ignazio Marino ha dichiarato guerra all’occupazione irregolare del suolo pubblico intorno a piazza Navona, prevedendo un piano per il dimezzamento dei tavolini, con conseguenti sanzioni in caso di mancata applicazione dell’ordinanza (multe salate e sequestro dell’attività). Un’operazione decoro che sta generando polemiche a non finire, che sembrano non essere destinate a placarsi neppure in seguito al rigetto di svariati ricorsi presentati al Tar, che ha sempre confermato la validità del piano della municipalità.
Qualche giorno fa è intervenuto nel dibattito Alessandro Circiello, chef romano e noto volto televisivo, in qualità di Presidente della Federazione Cuochi del Lazio. Tramite una petizione accorata su Change.org (piattaforma online di attivismo sociale), Circiello propone di revocare le misure del Comune – “inutilmente discriminatorie per il settore turistico e della ristorazione” si legge - che danneggerebbero il settore della ristorazione, provocando il licenziamento di molti dipendenti delle attività coinvolte. E così prosegue lo chef: “Non confondiamo il giusto rispetto delle regole contro gli abusivismi, con un’indiscriminata riduzione delle possibilità di ristorazione all’aperto, caratteristica storica e perfino cinematografica della tradizione romana. La Federazione Italiana Cuochi Lazio è fortemente preoccupata per l’annunciato licenziamento di oltre mille dipendenti del settore della ristorazione a seguito dei suddetti provvedimenti “. Quindi si passa a chiedere la revoca del provvedimento in attesa di un “sereno confronto”.
Contorni surreali per una vicenda sempre più spinosa. Da una parte è giustissimo da parte dell'amministrazione ristabilire con forza la legalità. Dall'altra non si capisce perché nei vicoli del centro il Codice della Strada debba valere in maniera integerrima per i tavolini e debba essere ignorato per auto e motorini: laddove si sono tolti i tavoli all'aperto, infatti, si sono sostituite macchine e moto in divieto di sosta e il degrado, se possibile, è così anche aumentato. Il settore, insomma, meriterebbe una riforma, con le dovute deroghe. In modo da far sì che i tavolini possano restare in gran numero (come succede in tutte le città turistiche del mondo), che paghino fior di denari all'amministrazione, che assumano regolarmente personale e che offrano un servizio di qualità ai turisti. In una situazione in cui si sovrappongono dieci illegalità, reprimere una sola di queste e ignorare le altre nove, insomma, è inutile e dannoso per l'economia della città. Il risultato sono centinaia di disoccupati, povertà, turisti senza servizi, strade più brutte.