In meno di due decenni i microbirrifici si sono moltiplicati sulla penisola come lieviti autoctoni, da poche decine a più di seicento; l’esplosione del fenomeno birra artigianale è sotto gli occhi di tutti, tanto dall’aver creato l’espressione “Rinascimento birrario italiano”. Ciò grazie all’opera e alla lungimiranza di personaggi come Teo Musso, i fratelli Arioli e i ragazzi del Lambrate, che, quasi dal nulla, hanno contribuito alla creazione di una cultura e di una identità birraria nazionale.
Il 1996 per il movimento della birra artigianale corrisponde alla preistoria, quando una manciata di arditi pionieri iniziò a credere nel progetto, folle per qualcuno, di dare vita e commercializzare anche in Italia birre di qualità, non industriali, come quelle che si producevano da sempre nelle patrie del mondo brassicolo del centro e nord Europa.
Tra quei pochi visionari c’era Agostino Arioli che, insieme a suo fratello Stefano, fondò a Lurago Marinone (Como) il Birrificio Italiano. La scuola di riferimento è quella tedesca, dove Agostino ebbe modo di perfezionarsi; la qualità della produzione è sancita, e non accenna a scendere di livello nonostante il successo, dal riscontro offerto da premi e riconoscimenti ricevuti da critica e pubblico. Una su tutte la Tipopils, l’italian lager per antonomasia, o una birra archetipica delle Pils, ma non solo, come ama definirla lo stesso Arioli.
Nell’aprile del ’96 mosse i primi passi, sotto la guida di Giampaolo Sangiorgi, in arte il Monarca, anche la compagine del Birrificio Lambrate, con l’apertura del proprio brewpub nella periferia milanese, da subito punto di riferimento per gli amanti della buona birra in città. In breve creazioni come la Montestella e la Ghisa diventano, e lo sono tutt’ora, stelle del firmamento birrario.
Il terzo moschettiere che di lì a poco aprirà i battenti sarà Baladin di Teo Musso, forse la figura decisiva per lo sviluppo del movimento, sul cui genio si è detto e scritto molto. Sebbene lungo lo stivale alcune realtà erano già presenti ed altre lo saranno di lì a poco (si veda ad esempio i meno noti Beba, Vecchio Birraio e Turbacci), è proprio per la concomitanza delle tre celebri nascite di cui si è parlato che per molti oggi è la “birra artigianale italiana” a raggiungere la maggiore età e non solo i singoli produttori.
A cura di Luigi Abate