Emilia Nardi e il Brunello di Montalcino: questione di affinità e di appartenenza

22 Feb 2017, 15:30 | a cura di

I grandi vini di Montalcino firmati da una grande famiglia umbra. Intervista a Emilia Nardi che, con la sua famiglia, produce Brunello da più di 50 anni. Ma per gli ilcinesi rimane una forestiera.

Il fascino della complessità accomuna Emilia Nardi e Montalcino. Un variegato mosaico di colori e suoli, di paesaggi ed emozioni e tutte le sfaccettature di questa donna: come Montalcino sa offrire diverse interpretazioni del suo vino più noto, anche in Emilia Nardi convivono la tenacia e l'autorevolezza del capitano d'azienda con tutte le sfumature di una carismatica femminilità. Eppure la signora non è ilcinese: è umbra e ne va fiera.

Dice di lei Stefano Cinelli Colombini (A.D. Fattoria dei Barbi): “Le racconto un aneddoto di quando eravamo ragazzi; io ero insopportabile. Ci eravamo appena conosciuti ed eravamo entrambi nei vent'anni. Ad una cena lei mi disse tutta fiera che il loro Brunello era ottimo. Io, secco secco, le dissi che i loro aratri erano i migliori del mondo, ma il vino... Lei, giustamente, se la prese così a male che ancora me lo ricorda. Il tempo è galantuomo e devo dire che da allora diverse volte hanno fatto il Brunello migliore del nostro; mi levo il cappello”.

 

I vini di Emilia Nardi

L'affinità con i suoi prodotti e i suoi spazi è evidente, tutto parla di lei: i suoi vini non sono esplosioni muscolari ma morbidi e lunghi, persistenti. Le sue vigne sono molto curate e si avverte l'attenzione per il dettaglio, il suo casale sobrio ed elegante. È la vera donna immagine dell'azienda, e anche la collocazione geografica delle sue terre echeggia un tratto della sua personalità: difficili da raggiungere, accessibili, ma non per tutti.

Personaggio di peso tra i produttori raccoglie sempre grande consenso nelle tornate elettorali per le cariche del Consorzio: di lei gli altri produttori dicono che è esperta, onesta e competente, ma non sarà lei la donna che romperà il "tetto di vetro", quella metafora cara agli americani per indicare la barriera invisibile, in questo caso fra il governo del Brunello e una donna non montalcinese.

Montalcino vuole un comandante montalcinese; malgrado la mia famiglia sia tra i fondatori del Consorzio e io sia qui da 30 anni, per loro sono e resterò sempre una forestiera”dice, e aggiunge “E poi consideri che qui ha anche il suo peso l'appartenenza politica. In ogni caso per il futuro non sono più disponibile”.

 

Nel DNA della sua famiglia l'elemento dominante sembra essere la terra: dalla produzione di aratri e macchine agricole al vino. Nei primi anni '50 il Brunello non era ancora quello che è oggi, cosa spinse suo padre a Montalcino?

Mio padre arrivò qui per l'agricoltura, non per fare vino, venne per la caccia, per testare le macchine agricole e soprattutto perché voleva un posto dove poter essere se stesso, lontano dal mondo, e fare l'agricoltore. Perché vede, lui all'inizio era uomo di backstage, di produzione, non d'amministrazione. Poi morì mio zio e si dovette caricare nuove responsabilità.

 

Come era la situazione all'epoca?

All'epoca i Consorzi Agrari erano molto importanti e mio padre a loro vendeva le macchine. Ma la sua vocazione non era quella dell'industriale ed ebbe un esaurimento nervoso, tanto da aver bisogno di nuovi spazi, come quelli che ci sono qui. In una cena organizzata per parlare dei nostri aratri fu Franco Biondi Santi a invitare mio padre ad occuparsi di vino. Gli disse che erano solo 5 i produttori a Montalcino e che c'era bisogno di un uomo d'affari. Dopo le 5 famiglie originarie (Biondi Santi, Cinelli Colombini, Costanti, Franceschi, Padelletti) quella dei Nardi è la sesta ancora produttrice di Brunello e fondatrice del Consorzio.

 

L'arrivo dei Nardi negli anni '50 fu diverso da quello dei grandi investitori internazionali di oggi...

Si, molto diverso. Mio padre era agricoltore figlio di agricoltori e nel tempo si è trasformato in imprenditore. La mia è una storia di borghesia, non di sangue blu né di finanza. Mio padre ingrandì l'azienda acquistando i terreni dai mezzadri, terreno dopo terreno, pazientemente.

 

Quest'anno Brunello a 5 stelle: è soddisfatta?

Si, abbastanza. Ho in mente ancora altre cose, prima di tutto penso alla terra: i vigneti devono diventare più vecchi per poter aggiungere quello che vorrei io. Il sangiovese ha bisogno di vigneti di vent'anni e quel quid non si raggiunge con concentrazioni anomale, no; ci vuole il tempo. Perché, vede, la pazienza è essenziale nell'arte dell'agricoltura; si figuri per il Brunello... è pronto quando è pronto, difficilmente dopo 5 anni.

 

Lei conosce bene il valore della pazienza e dell'attesa, ma come si conciliano con le ragioni del profitto di chi investe capitali importanti?

Non si conciliano se pensiamo ai ritmi dell'industria, della finanza; a meno che non si tratti di investimenti sul medio e lungo termine. Industria e finanza hanno un passo molto diverso dall'agricoltura. Come diceva Franco Biondi Santi "il Brunello è per gente paziente".

 

La sua carriera inizia a metà degli anni '80, dopo cinque anni già le tocca la responsabilità della direzione aziendale. Ristruttura vigneti, rivoluziona la cantina, avvia il rapporto tutt'ora stretto con la ricerca scientifica...

Io faccio parte di quella che si è mossa, che ha fatto viaggiare il Brunello all'estero. Ciò è stato possibile anche e soprattutto grazie all'apertura e allo slancio che Montalcino ha ricevuto con l'arrivo di persone e aziende anche internazionali alla fine degli anni '70 e seguenti.

 

Che generazione di giovani è quella attuale del Brunello?

Oggi c'è una nuova generazione di giovani, molto preparati tecnicamente, a loro agio con le lingue straniere, quelli che oggi hanno tra i 25 e 35 anni e che stanno conquistando sempre più responsabilità in azienda, alcuni già le guidano e che si dedicano con vera passione e professionalità.

 

Cosa c'è di diverso secondo lei?

Rispetto a trent’anni fa è cambiato completamente l'approccio all'agricoltura. Prima lavorare la terra non era considerato qualificante, si diceva "braccia rubate all'agricoltura" per denigrare; oggi è esattamente il contrario. Viene percepito il vero valore di questo lavoro, è cresciuta la consapevolezza della sua importanza. E questi giovani della "generazione green" crescono con il vero rispetto verso la terra, ovvero in primis quello della conservazione. Con questi giovani quel potenziale unico che ha Montalcino è in buone mani, si può solo migliorare.

 

 

Tenute Silvio Nardi | Montalcino (SI) | Casale del Bosco | tel. 0577 808269 www.tenutenardi.com

 

a cura di Dario Pettinelli

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